L’istruzione è sempre stata la base fondamentale su cui ciascuno ha trovato per la propria vita il punto di partenza. Tutti i governi nazionali che si sono succeduti – di qualsiasi ideologia essi fossero – si sono sempre fregiati di avere nel proprio programma elettorale miglioramenti e finanziamenti che riguardavano l’istruzione, a parole tutti volevano elargire fondi per rafforzare la scuola pubblica e migliorarne la funzionalità anche e soprattutto attraverso il rafforzamento dell’organico docente e ATA tramite nuove assunzioni.
Tutto ciò, visto dall’esterno dell’ambiente scolastico, ha proiettato nelle persone la sensazione che l’istruzione pubblica sia molto seguita dallo stato, che sia foraggiata con fondi ed assunzioni che le permettono di progredire e di essere sempre più efficiente. Eppure la gente continua a lamentarsi imputando alla scuola pubblica scarsa funzionalità. Come mai?
La verità è che la scuola è uno dei numerosi enti pubblici su cui si dice una cosa e se ne fa un’altra.
Da un lato si promettono incrementi dal punto di vista finanziario e dell’organico, mentre dall’altro si procede con i tagli ai fondi e al personale scolastico in maniera continuativa e progressiva ormai da anni (i tagli al personale ATA sono portati avanti da più di tre anni). Quest’anno la scure colpirà in tutta Italia diverse migliaia di cattedre. Il Ministero ha deciso di “onorare” la Campania dandole il primato del taglio delle cattedre.
Ovviamente, meno insegnanti porteranno ad un impoverimento dell’offerta formativa, ma questa conseguenza appare del tutto ignorata, anche se è estremamente evidente che:
Meno docenti vuol dire meno fondi per il POF (Piano dell’Offerta Formativa).
Meno fondi per il POF vuol dire meno aperture pomeridiane della scuola.
Meno aperture pomeridiane vuol dire meno tempo per i ragazzi di stare a scuola di pomeriggio.
Meno tempo per i ragazzi di stare a scuola di pomeriggio vuol dire molto più tempo per stare in mezzo alla strada.
Ma tutto questo non conta, ciò che conta è far quadrare i bilanci, far tornare i conti e come farlo meglio se non tagliando nella scuola pubblica?
Verrebbe quasi da pensare che chi governa e decide di queste situazioni altro non sono che un manipolo di ragionieri tutti presi a rientrare con i conti a discapito della formazione.
Ma è chiaro che non è così, infatti anche chi decide il riassetto degli organici attraverso la riduzione del personale, è messo di fronte ad una scelta dettata da parametri costrittivi che vengono da chi è più in alto di lui, che a sua volta ha dei parametri imposti da chi è ancora più in alto. E così, salendo salendo, si giunge alle alte sfere del “governo scolastico” (leggasi Ministero), che poi altro non sono che coloro che promettevano maggiori fondi e assunzioni nella scuola pubblica, a chiacchiere.
Le disposizioni impartite agli uffici scolastici competenti hanno tutte le sembianze di una strada obbligata e senza uscita – se la si continuerà a percorrere -, via via queste disposizioni, seguendo un iter burocratico, arrivano ai sindacati e ai Dirigenti Scolastici, i quali - alcuni battaglieri, altri conniventi con questa situazione per puri fini arrivistici – si trovano a volte di fronte a proposte di organico, che rendono quantomeno problematica l’attuazione della proposta formativa.
Il taglio dell’organico scolastico è una decisione presa all’atto della prima comunicazione di proposta di organico fatta tra gennaio e febbraio, le informazioni ufficiali fatte pervenire dagli Uffici Scolastici ai sindacati del settore ed ai Dirigenti Scolastici ha il sapore di una pura formalità, di un iter da seguire per forza, ma appare più che evidente che né i sindacati, né i Dirigenti Scolastici avrebbero potuto arginare queste decisioni che erano già definitive all’epoca, con buona pace delle promesse di rafforzamento della scuola pubblica che ad ogni tornata elettorale i politici di turno si affannano a proclamare.
La parola d’ordine del momento è “Arrangiatevi”.
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