domenica 21 novembre 2010

La forma conseguente alla funzione

Che Roberto Saviano possa aver scopiazzato qualche articolo altrui, senza citarlo come fonte nel suo Gomorra, è molto più che probabile. Resta il fatto che, volenti o nolenti; faccia piacere oppure no, Saviano è diventato un'icona della lotta alla camorra, è questo è un fatto oggettivo che può piacere o meno, ma è così. Punto.
Il libro best seller di Saviano non è certo, nella forma, un capolavoro di letteratura. Nella sostanza, invece, racconta cose che altri giornalisti - come anche lo stesso Saviano - hanno scritto sui quotidiani locali (campani soprattutto), ben prima di Gomorra (alcuni giornalisti facevano servizi spettacolari, ricordo Giuseppe Marrazzo, ad esempio). Il merito di Saviano, volenti o nolenti, visto che il libro è suo, è l'aver portato, attraverso la cassa di risonanza dovuta al successo, il fenomeno malavita organizzata (camorra) a conoscenza di coloro che ne ignoravano il mondo. Ora, che lo abbia scritto Saviano è del tutto irrilevante. Se lo avesse scritto il ragionier fantozzi gli effetti sarebbero stati gli stessi.
Il "chi" è solo la forma conseguente alla funzione.
Fermo restando il rispetto per la vita-non vita che Saviano fa, e che non so quanti di quelli che lo criticano sarebbero disposti a fare, concordo sul fatto che se Saviano sceglie di voler comunicare attraverso il mezzo televisivo, proponendosi di farsi portavoce di argomenti delicatissimi come quello della malavita organizzata, debba affondare di più il colpo, se ne ha le cognizioni di conoscenza argomentali, altrimenti si riduce soltanto a semplice share che declassa anche l'icona che egli è diventato e che tutt'ora è.

martedì 9 novembre 2010

L'insostenibile pesantezza del tessere

‹‹È stata Ruby a dire a Berlusconi di essere la nipote del Presidente egiziano Mubarak››. Queste le parole con cui l’on. Ghedini tenta l’ennesima difesa a quella che sembra l’ennesima menzogna del premier. L’ultima uscita in tal senso al programma Annozero. In realtà, la controffensiva degli uomini del Presidente del consiglio era partita da tempo. Il quotidiano Il Giornale, Il Foglio, e altri tra organi di informazione e personalità politiche (Maurizio Lupi, Daniela Santanchè, Gianfranco Rotondi, per citarne alcuni) vicini al premier, si sono schierati sulla scacchiera del dibattito ed hanno iniziato, onnipresenti in tv, ad attaccare tutto e tutti.

Tra le urla (Santanchè), i sorrisini (Rotondi), improbabili acrobazie dialettiche (Lupi) e i “mavalà” (Ghedini), l’ennesima missione salva premier è iniziata. Scopo: la difesa a tutti i costi di Berlusconi sul caso Ruby. Ora, che si cerchi di spiegare quello che è accaduto nella vicenda in questione non solo è capibile, è un diritto. Ma il cercare di far apparire bianca una parete nera è senz’altro impresa molto meno probabile.

I verbali della procura, infatti, dicono che l’informazione che Ruby fosse la nipote del Presidente egiziano Mubarak è arrivata dagli uffici della Presidenza del consiglio e che, probabilmente, è stato lo stesso Silvio Berlusconi a fare tale affermazione, per cui, il compito della squadriglia d’assalto schierata a difesa del premier appare questa volta quasi proibitivo. Provarci, comunque, si deve. D’altronde, già in altri casi analoghi il compito sembrava difficile, e invece…

La tattica adottata sembra essere sempre la stessa. Trasformare in vera un cosa falsa, e viceversa. Che poi, si sa, se una moltitudine di persone, accompagnate dagli organi di informazione, sostengono in maniera ridondante una menzogna, quella menzogna diventa verità, e la verità si declassa a menzogna.
In apparente aiuto dei difensori del premier, sono arrivate le dichiarazioni del Procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati il quale afferma che: ‹‹La fase conclusiva della procedura di identificazione, fotosegnalazione e affidamento della minore è stata operata correttamente e non sono previsti ulteriori accertamenti sul punto››.

A queste dichiarazioni Il drappello difendi - premier ha esultato, ma chi ha deciso di leggere con attenzione le parole del Procuratore capo, ha letto che egli non dice affatto che l’inchiesta è chiusa, dice che non sono previsti ulteriori accertamenti sul punto che riguarda la fase conclusiva della procedura di identificazione. Infatti, l’inchiesta è tutt’ora in corso. Inoltre, Bruti Liberati ha, si, anticipato — con un comportamento che sembra essere inusuale — le conclusioni di un’inchiesta ancora in corso, ma non ha fatto menzione di quello che è successo prima della procedura di affidamento.

Non c’è, infatti, traccia, nelle parole del Procuratore capo, dell’intervento del premier e delle sue pressioni — compresa la storia che spacciava Ruby per la nipote del Presidente Mubarak —, si limita a dire che Berlusconi non è, al momento, indagato. Bruti Liberati non parla nemmeno di quello che è successo dopo. Nicole Minetti, tra l’altro indagata con Lele Mora ed Emilio Fede per favoreggiamento della prostituzione, inviata dal premier e a cui Ruby era stata affidata, potrebbe — secondo alcuni — non aver avuto un comportamento esente da reato lasciando Ruby a qualcun altro quando, invece, era lei l'affidataria della minore. C’è chi sostiene che questo possa essere identificato come reato di abbandono di minore.

Insomma, le zone d’ombra in questa vicenda tutt’altro che conclusa sono tante, e prima di strombazzare vittorie di non si sa quali partite, sarebbe meglio attendere la conclusione delle indagini della magistratura competente. Certo, qualcuno cercherà di far “dimenticare” questa storia, ma quello che è successo, e che è stato appurato, rimane. Rimangono le pressioni venute dalla Presidenza del Consiglio; rimane l’abuso di una posizione di potere. Abuso — ammesso dai protagonisti — del tutto ingiustificabile; rimane la storia della fasulla parentela di Ruby con il Presidente egiziano Mubarak.
Insomma, per dirla con le parole di Jawaharlal Nehru (politico indiano ed erede spirituale di Gandhi): “I fatti sono fatti e non spariranno per farti un piacere”.